Lo stress non uccide. A sfatare una diffusissima credenza è il Million
Women Study pubblicato sulla rivista 'The Lancet', un'analisi decennale
che evidenzia come gli studi precedenti abbiano solo fatto confusione
fra causa ed effetto. L'unica ad avere un impatto negativo duraturo,
sostengono gli esperti dell'università di Oxford (Gb) e del South Wales
(Australia), è l'infelicità che si prova durante l'infanzia.
Una serie di lavori scientifici effettuati negli scorsi anni ha
dimostrato che il 'livello' di felicità delle persone predice fortemente
quanto tempo vivranno, principalmente a causa dell'influenza degli
ormoni dello stress o del sistema immunitario. Ma il team di ricerca
critica, nella nuova analisi, il fatto che quegli studi non siano
riusciti a dimostrare una causalità inversa - vale a dire, che le
persone malate sono anche infelici. Ai partecipanti al Million Women
Study è stato dunque chiesto di valutare regolarmente la loro salute, la
felicità e i livelli di stress.
I risultati hanno mostrato che il fatto che le persone si definissero
"mai", "di solito" o "per lo più" felici non ha alcun impatto sulle loro
probabilità di morire nel corso dello studio, anche prendendo in
considerazione altri fattori quali lo stato di salute o se fossero
fumatori o meno. Bette Liu, uno dei ricercatori dell'università
australiana, spiega sulla Bbc on line: "La malattia rende infelici, ma
l'infelicità in sé non fa ammalare. Non abbiamo rilevato alcun effetto
diretto di infelicità o stress sulla mortalità, anche in uno studio di
10 anni su un milione di donne". Il co-autore Sir Richard Peto, aggiunge
che i fumatori corrono un rischio di mortalità più alto, ma la felicità
risulta "irrilevante".
Un qualche effetto, prosegue, si potrebbe avere a livello indiretto e
unito a un elevato consumo di alcool o a un'alimentazione eccessiva.
Eppure il 'mito' dello stress che uccide "è troppo radicato per
estinguersi subito. La gente crede che la tensione provochi attacchi di
cuore: non è vero, ma ci si crede". Secondo Philippe de Souto Barreto e
Yves Rolland dell'Ospedale dell'Università di Tolosa, in Francia,
saranno comunque necessarie "ulteriori ricerche da una prospettiva più
ampia, in quanto l'infelicità durante periodi critici come l'infanzia
potrebbe avere conseguenze importanti sulla salute in età adulta".
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